Su Gemma Bovery, Flaubert e i pericoli di vivere dentro una storia

Caro Errante,

Questa settimana ho visto Gemma Bovery, un film francese in cui la letteratura stessa diventa un personaggio — un’ombra che piega il destino di una donna. Amo la letteratura; ho vissuto dentro quei personaggi per tutta la mia vita. Ho sempre creduto che le storie plasmino non solo il nostro pensiero ma anche la nostra vita. Eppure questo film mi ha lasciato una domanda inquietante: i libri, quei compagni di cui mi fido così profondamente, possono a volte ingannarci? Possiamo essere così incantati da una storia da cominciare a viverla — fino alla rovina?

In questo film, come nel romanzo di Flaubert, l’eroina è intrappolata da un immaginario. La letteratura, invece di essere un rifugio, diventa una gabbia dorata. Martin, il vicino di Gemma, conosce a memoria la storia di Madame Bovary. Nota le somiglianze tra Gemma ed Emma: il suo matrimonio, i suoi amanti, i suoi desideri. È come una reincarnazione moderna di Emma Bovary. Alla fine del film, Gemma muore ironicamente non ingerendo arsenico, ma soffocando con un pezzo di pane preparato da Martin, proprio colui che temeva il suo destino tragico. Tutta la storia si fonda su questa tensione tra realtà e finzione, tra vita vissuta e vita immaginata.

Dunque, la letteratura dà respiro all’anima, ma alcune storie possono ingannare la mente, rendendo difficile distinguere la realtà dalla finzione. Significa anche che lo scrittore ha fatto un lavoro straordinario con i suoi personaggi. Non c’è da meravigliarsi se Flaubert fosse un genio. Ma non è forse la letteratura anche una trappola sottile, capace di imprigionarci in destini che non sono i nostri?

Dall’errante all’errante,
D. Orlando