Il Male Sotto le Ceneri
(Riflessioni su Il caso del medico tedesco di Tsuriel Sdomi)

Caro Viandante,

Sull’eredità e le ceneri del passato

Il male può trasmettersi come una malattia del sangue, o è qualcosa nascosto più in profondità — una brace sotto la cenere, pronta a divampare al minimo soffio? Tsuriel Sdomi, nel suo romanzo inquietante Il caso del medico tedesco, ci costringe ad affrontare queste domande senza veli.

Il libro racconta la storia di un medico americano che, con l’aiuto di suo cugino — un genetista con un passato nazista — dedica la sua vita e la sua fortuna a inseminare donne ebree sopravvissute alla Shoah. La sua giustificazione è distorta: crede di offrire loro un “sangue nuovo”, una forma di riparazione. Ma il suo metodo è l’inganno: le feconda a loro insaputa. Ciò che lui chiama redenzione diventa violazione; ciò che presenta come guarigione è processato come tentato genocidio.

Al centro del racconto c’è la questione dell’eredità. Il male è inscritto nei geni, una macchia indelebile, o l’educazione, la cultura e la memoria possono riscattare ciò che la storia ha bruciato? I figli di Ida Goldstone, nati da questa manipolazione, crescono sani, intelligenti, non toccati dall’ombra dei crimini paterni. Essi incarnano un paradosso: anche quando il sangue porta la memoria dell’orrore, l’anima può ancora essere formata dall’apprendimento, dalla compassione e dalla cultura.

Sulla natura concettuale del male

Credo che il male non ci sia estraneo. Non arriva dall’esterno, non è limitato a una nazione, a un sangue o a un’ideologia. Vive in ognuno di noi, come una brace ardente sotto la cenere. Talvolta è soffocata dalla coscienza, talvolta dalla paura, talvolta dall’amore. Ma sotto il vento del trauma, dell’odio o del silenzio, la brace può tornare fiamma.

Ecco perché i crimini della Shoah non sono soltanto storia. Ricordano quanto facilmente la brace può accendersi. Il trauma inflitto al popolo ebraico non può essere giustificato, né addolcito dal tempo. Il perdono non è un balsamo che cancella la ferita; al massimo resta una tregua precaria con la memoria.

Il romanzo di Sdomi pone una domanda insostenibile: cosa significa “riparare” il male quando si ripete la violenza sotto un’altra forma? Il medico americano, nel tentativo di riscrivere la storia, dimostra soltanto che il male non è solo spargimento di sangue, ma anche arroganza — la pretesa di giocare con il destino. Qui grava tutto il peso esistenziale: se il male vive in ciascuno, ogni generazione deve lottare con le proprie braci.

Sull’educazione, la memoria e il destino del sangue nuovo

Eppure, Viandante, la storia non termina nella disperazione. Perché nel racconto di Sdomi, tre bambini nascono da queste tenebre — e non sono mostri. Sono brillanti, sani, istruiti. La loro vita suggerisce che ciò che veramente ci definisce non è il sangue che scorre nelle nostre vene, ma le storie e gli insegnamenti che riceviamo.

Il male forse abita in noi, ma anche il bene. Se il male è una brace sotto la cenere, allora l’educazione è la mano che rifiuta di alimentarla, che ci insegna a trasformare il fuoco in calore e non in distruzione. I libri, la musica, la lingua, la memoria — ecco gli strumenti con cui l’umanità riscrive la propria eredità. Il passato non può essere annullato, la brace non può essere tolta, ma il modo in cui la custodiamo, il modo in cui educhiamo le generazioni future, decide se diventerà incendio o tenue bagliore.

Forse questa è la lezione finale del libro di Tsuriel Sdomi: non possiamo cancellare i crimini della storia, né dimenticarli. Ma possiamo scegliere ciò che trasmettiamo ai nostri figli — non la fiamma dell’odio, ma la disciplina del pensiero, la bellezza della cultura, il coraggio della memoria. Il male è in noi, sì. Ma in noi vive anche la possibilità di trascendenza.

Da un viandante all’altro,
D. Orlando

Informazioni sull’autore – Tsuriel Sdomi è lo scrittore di Il caso del medico tedesco, un romanzo che affronta le ombre della storia e le domande dell’eredità.